08 Dic Anime Bannate. Ecco perché siamo stati sospesi da FB
Tra cartellini gialli e sospensioni gli utenti di Facebook raccontano i loro slalom linguistici per schivare l’algoritmo. Ma libertà di parola sulle fake.
L’algoritmo è implacabile, e anche un poco ignorante se quando gli dici “censura chi pubblica immagini di sesso e di nudo” quello non sa distinguere tra l’arte e la pornografia. “A me hanno censurato le chiappe dei Bronzi di Riace” racconta un artista come Enrico Abenavoli. Maurizio Marinelli, intellettuale e editore bolognese aggiunge “Io sono stato bloccato per un mese per avere pubblicato un’opera d’arte della fine dell’ottocento”. E ancora da Modena Vincenzo Brancatisano lamenta di avere avuto un giorno di rigore per avere pubblicato le vecchie copertine di “Due più”.
Che Facebook debba proteggersi, e proteggere noi, da volgarità, discorsi di odio, bullismo è sacrosanto; per il futuro del social network di Zuckerberg questa è la sfida più grande. La pagina dedicata alla trasparenza spiega bene su chi cala la mannaia dei cartellini gialli, delle sospensioni e delle cancellazioni di profilo e perché. Ogni Paese, poi, ha le proprie consuetudini e le proprie leggi a tutela della vita privata e contro la diffamazione degli individui, e la società di Cupertino fa riferimento, soprattutto, a quelle statunitensi.
Guarda a come parli
Sulla ‘parolaccia’, come emerge da buona parte delle testimonianze che ho raccolto, il margine di tolleranza è molto stretto. Se, con riferimento alla comunità LGBTQ+ è doveroso evitare gli insulti, l’intelligenza artificiale sembra non avere ancora imparato a contestualizzarli. Per esempio la parola con la effe, quella che fa rima con mocio, se declinata al femminile è spesso usata anche con autoironia all’interno della comunità gay. O quella ‘g’ di troppo tra le sillabe ‘ne’ e ‘ro’ può anche essere usata da un uomo di colore per parlare di se stesso, per dare forza a un discorso. Ma all’algoritmo non interessa, lui te le sanziona nell’uno ne nell’altro caso. E questo, giusto per dare una testimonianza personale, lo sperimentai a mie spese quando, intervenendo contro l’omofobia, risposi a un tizio, all’interno di una discussione, che è il momento di andare oltre il concetto di ‘froci’. O qualcosa del genere, ma non ricordo bene.
Tullio Nerbi mi scrive di “essere stato mandato in Presidenza” per avere pubblicato il video di una vecchio hit di Edoardo Vianello, e subito indovino che si tratta dei Watussi. “Nel continente nero – paraponziponzipà – alle falde del Kilimnagiaro – paraponziponzipà – E ci sta un popolo di negri che ha inventato tanti balli… eccetera eccetera”. Capito? Nel 1963 il disco fu uno dei più venduti dell’anno. Oggi la canzone è proibita e FB non te la lascia cantare. Disavventura analoga per la mia amica Cristina che sul suo profilo pubblicò la poesia dialettale modenese di Giovanni Boccaletti “I Negher” . E ci sono questioni linguistiche anche dietro le 24 ore di sospensione per Gianni Sgarbi che citò la celeberrima battuta del “tutti gay col popò degli altri”. L’algoritmo è spietato, commenta Gianni, ma spesso il controllo parte su segnalazione di chi ti vuole male…
No al linguaggio violento
C’è poi il discorso della polarizzazione di ogni dibattito con conseguente uso di linguaggio aggressivo, cosa sperimentata ultimamente nei confronti fra pro e no Vax. E qui deve intervenire l’operatore umano che valuta lo scritto e dà indicazioni all’algoritmo su come comportarsi con casi analoghi. Ecco quindi che Mauro Lodi si vede punito per avere sarcasticamente proposto di usare dardi con vaccini sulle manifestazioni dei NoVax. Sicuramente frainteso anche Ginger Pietro Iotti che sotto alla foto di un’amica scherzosamente corrucciata si permise di mettere una sua didascalia: “Ti spiezzo in due”. Punito.
Meglio non parlare di guerre
Enzo Caruso fu punito per avere ricordato a una nostalgica del ventennio che all’epoca lei sarebbe stata solo una fattrice di figli per la Patria. E infatti, tra i tabù di Facebook, ci sono tutti i discorsi che elogiano o supportano organizzazioni considerate pericolose, dall’ISIS ai Palestinesi, ai neonazisti, ai suprematisti. E con loro via le immagini di personaggi, morti, stragi.
Germano Dottori, stimato esperto di Studi Strategici, pubblicò un’immagine, peraltro sgranatissima, con i resti delle vittime dei nazisti. In un’altra occasione la foto di un massacro subito dai regolari afgani ad opera dei Talebani provocò un’altra censura per propaganda al terrorismo internazionale. Naturalmente bastava leggere i commenti per capire che l’intento era opposto. E a Mauro D’Orazi capitò di essere sospeso per un mese per avere pubblicato la foto di Benito Mussolini, nel 1941 a Carpi a fianco di Mamma Nina, religiosa fondatrice della Casa della Divina Provvidenza. Saverio Cipriano, sindacalista CGIL di Palermo, è sotto schiaffo da anni; dai bombardamenti israeliani su Gaza, ai cadaveri nel Mediterraneo gli è stato contestato di tutto e vive in un’altalena di blocchi e riammissioni.
Occhio ai bambini
Massima attenzione ai nostri figli. Passano le foto di famiglia, di loro che giocano, ma resta il veto su spiagge e piscine. Niente bambini in costume da bagno, le foto possono essere rubate da organizzazioni pedofile. E niente più foto del calcetto, con adolescenti in calzoncini, come mi ha raccontato Daniele Gorini che per questo dice che fu sospeso per qualche giorno.
Il nudo d’autore
Tornando al nudo d’autore, Facebook assicura di aver mandato l’algoritmo all’Istituto d’Arte. Si spera quindi che, come recentemente accadde nel giorno della morte del fotografo Dino Pedriali un utente colto e raffinato come Valerio Merafina non debba più essere sospeso per aver pubblicato il celeberrimo full frontal di Pier Paolo Pasolini. O che accada un’altra squalifica, come quella toccata a Fulvio Colombo, per avere pubblicato, in un gioco FB in cui si dovevano segnalare le copertine dei dischi preferiti, la copertina di “Two Virgins” con i nudi integrali frontali di John Lennon e Yoko Ono.
Resta la libertà di fake
Peccato che ancora nulla accada, tranne qualche simbolo di warning indirizzato al lettore, a chi diffonde false notizie. Per esempio quando si legge che ci inoculano un vaccino antiCovid sperimentale o che col 5G i superpoteri controllano le nostre menti.
Il timore è che comunque, alla fine, rimarranno solo gattini annaffiati e trottolini amorosi.