12 Nov CARPI. DA LUCIO DALLA A LORIS GUERZONI. PARLA IL REGISTA DEL NUOVO GRANISEL.
Si intitolerà “Locanda Guerzoni” la piece scritta da Cristiano Governa per il ritorno in scena, dopo quarant’anni, della compagnia dialettale carpigiana del Granisel.
Vivo a Roma da quasi trent’anni. Ciononostante da quando lasciai Carpi, agli inizi degli anni novanta, non ho mai smesso di pensare, di imprecare, e talvolta anche di sognare, in dialetto. Mi sento cittadino del mondo, detesto i nazionalismi, in me c’è una sola radice, la mia lingua madre. Fu quindi, anche per questo, che con grande entusiasmo, quando a luglio mi chiamò la Giannina Panini, eterna organizzatrice del Granisel, accettai l’invito a ritornare per un giorno a Carpi e registrare, per il sito che il Comune sta costruendo sul dialetto carpigiano, due poesie di Loris Guerzoni.
“Al lessiko”, “La vecia e la luna”, “Fantasia”, “Al fiol nè da Laura”, poesie che su quel palco spoglio, di quel meraviglioso teatro che è il Comunale di Carpi, ripresero vita assieme alle figure uscite mezzo secolo fa dalla penna di Guerzoni: l’Asunta ed Martinel, Nerina, Pigoun, Giovani Righ, Angiulot, Skarpoun Garagnan. Personaggi e interpreti, cioè noi, tutti in camicia bianca, come per un passaparola, come se quarant’anni non fossero passati, senza nemmeno bisogno di raccontarci la vita che c’era stata in mezzo.
“Alòra s’à da pasèr èter quarant’an an se vdom più” [“Allora, se devono passare altri quarant’anni, non ci vediamo più”] fece la Graziella baciandomi davanti al ridotto. E tutto ricominciò.
Durante il viaggio di ritorno a Roma ebbi la certezza che la parola fine non c’era mai stata. Che bastava rimettere insieme i brani più significativi dell’opera di un grande artista carpigiano, mai abbastanza conosciuto e apprezzato, e intrecciarli con le nostre vite. E io avrei potuto ricominciare a parlare e ascoltare la mia lingua.
Occorrevano un autore e un regista. Magari di una generazione più giovane. Perché non chiederlo all’ottimo Cristiano Governa capace, in passato, di avermi fatto inumidire gli occhi con “Caro Lucio ti scrivo” e “Il cielo capovolto”. Sentite ora, dopo tre mesi, dalla sua voce, che cosa lo spinse a dirci subito di sì.
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