COMPAGNI: LA GUERRA DI LIBERAZIONE NON FU “COSA ROSSA”

COMPAGNI: LA GUERRA DI LIBERAZIONE NON FU “COSA ROSSA”

Settantadue anni dopo la Liberazione è giunto il momento, da parte dell’Anpi, di riconoscere apertamente il contributo determinante degli antifascisti non comunisti.

 

“Compagni e compagne” un’espressione della quale, anche questa mattina, si è fatto grande uso alla cerimonia di consegna degli attestati alla memoria di decine di ex partigiani combattenti di Gargallo, la frazione di Carpi che diede i natali a mio padre, ai suoi fratelli e sorelle.

Un intercalare involontario, un’abitudine assorbita dai partigiani comunisti, poi dai figli e dai nipoti che nei decenni si sono alternati alla guida dell’Associazione Nazionale Partigiani. Comunisti per la maggior parte in buona fede che, tuttavia, si sono appropriati di gran parte della memoria collettiva della guerra di liberazione e della retorica che, troppo spesso, ne ha accompagnato la trasmissione.

I miei genitori, entrambi partigiani, furono comunisti. Sicuramente lo furono in quel periodo come buona parte dei “ribelli” che si armarono contro il nazismo e contro ciò che rimaneva del fascismo. Ma è ora di superare l’idea che tra gli antifascisti quelli che contavano fossero solo i comunisti.

Decine di sacerdoti si opposero attivamente all’occupazione tedesca senza necessariamente imbracciare il mitra e “partire per la montagna”. Poi c’erano i monarchici, i socialisti. C’era Edgardo Sogno, non certo di sinistra. C’erano il generale Cadorna e il colonnello Montezemolo, i conventi che offrivano riparo agli ebrei, le famiglie cattoliche che fingevano di non accorgersi dell’attività dei loro figli. Come i Valentini di San Marino, la famiglia di mia madre.

Cose e circostanze che i giovani dirigenti dell’Anpi di oggi conoscono bene e che tuttavia  non suggeriscono loro di abbandonare quel “compagni e compagne” così respingente alle orecchie di chi comunista non è. Un relatore si dispiaceva che, durante un “viaggio della memoria” a Auschwitz, un gruppo di ragazzi si fosse rifiutato di unirsi al “Bella ciao” intonato dall’ex voce dei Modena City Ramblers, Cisco, in viaggio con loro. Quei giovani che avevano opposto fieramente “Fratelli d’Italia” dissero che “Bella Ciao” è una canzone di parte.  “Se quei giovani pensano che si tratti di una canzone di parte c’è un difetto di comunicazione da parte nostra” ha concluso il relatore fingendo di ignorare che di questo canto delle mondine, nato in un contesto antecedente la guerra di liberazione, loro si sono impossessati da decenni. Inutile lamentarsi ora.

Uscendo dalla sala una signora mi ha avvicinato. “Nella mia famiglia non c’era nessun comunista ma i miei genitori sentirono il dovere di opporsi al fascismo. Mio padre prese il fucile ma ha sempre ripetuto ‘Siamo gente di pace. Solo gente di pace’. Lo dica.”

Mio padre, anticlericale e liberale, in età matura non fu comunista. Certo non negli ultimi anni della sua lunga vita. Ciononostante ai suoi funerali, in forma laica, l’Anpi si presentò con le bandiere rosse. Oggi, ancora commosso per l’attestato ritirato, lo devo comunque dire.