05 Gen LA SCUOLA DEI PARADOSSI
Busta paga più pesante, a fine anno, per più di un insegnante su tre: per la prima volta sono stati pagati i bonus previsti dalla riforma Renzi-Giannini. Un premio erogato una volta l’anno per i docenti che lo hanno meritato per una serie di ragioni previste dalla legge e che vanno dalla capacità di coordinamento, alle tecniche didattiche, all’abilità nell’insegnare le lingue. Un incentivo stabilito da un comitato coordinato dal preside e del quale fanno parte docenti, genitori e studenti. Assegni variabili tra i 200 e i 2.000 euro lordi e che, mediamente, si sono attestati sui 5-600.
Tutto bene, dunque? Nemmeno per sogno. Questa scuola che, anche con la valutazione degli insegnanti, si adegua agli standard europei rimane sulla graticola.
Dopo l’ammorbidimento delle norme sulla mobilità i sindacati si apprestano a rivendicare il ritorno agli incentivi uguali per tutti. “Con la vittoria del No al referendum temiamo una controriforma” mi dice il vicepresidente dell’Associazione Nazionale Presidi Mario Rusconi. E la sostituzione di un’accademica con una ex sindacalista al ministero dell’Istruzione è un segnale preciso se, oltretutto, il primo atto del nuovo ministro è un accordo sindacale che smonta uno dei cardini della recente riforma. “Insegnanti e dirigenti sono periodicamente valutati in tutta Europa – ricorda ancora Rusconi – Il rifiuto di essere giudicato da parte di un professionista che, tra l’altro, valuta quotidianamente profitto e apprendimento dei propri alunni è un paradosso tutto italiano”.