L’inferno dei venditori di rose Bengalesi

L’inferno dei venditori di rose Bengalesi

Hanno più spine che profumo le rose che ogni sera qualche venditore dall’aspetto asiatico ci offre al ristorante, davanti al bar dell’aperitivo, incrociandoci per strada. Un mondo, quello degli immigrati, soprattutto Bengalesi, che distribuiscono rose mai molto indagato. Sono sfruttati, molto, ma non si lamentano. Ritengono che siano i sacrifici necessari per un futuro migliore e per questo quasi mai finiscono sotto la luce dei riflettori. Nemmeno di quelli sindacali, delle forze di polizia, delle ONG. Ogni tanto qualche servizio giornalistico. Non molto di più.

Ed è proprio con un’inchiesta approfondita di Al Jazzera, che ha mandato il suo inviato a Firenze, che di apre il Ristretto Italiano di oggi.

Titolo del servizio Sfruttati, maltrattati, intrappolati: la vita dei venditori di rose italiani dell’Asia Meridionali. Sottotitolo: “Regalano momenti di gioia alle coppie innamorate, ma i loro viaggi e le loro lotte sono tutt’altro che romantici.

Inchiesta basata sulle testimonianze di alcuni venditori in attività, di alcuni ex venditori e di un paio di ONG.

Mohammed, giunto in Italia nel 2013 quando aveva 22 anni dal Bangladesh, racconta di essere arrivato senza documenti e essersi indebitato per novemila euro con chi aveva organizzato il viaggio. E quando arrivò in Toscana fu consegnato a due persone del suo Paese che lo misero a vendere rose nei centri urbani con il suo ricavato pagarsi vitto e alloggio in una casa con altri nove lavoratori stranieri. “Non mi piaceva disturbare le persone mentre mangiavano ma non avevo scelta”, dice.

Insomma, dietro il simbolo universale dell’amore si nascondono storie di disagio, sfruttamento lavorativo e tratta di esseri umani con venditori di tutte le età che possono camminare per decine di chilometri resistendo ai rifiuti, ai controlli di polizia e anche alle aggressioni. A novembre a Ivrea un venditore di rose del Bangladesh di 50 anni è stato mandato all’ospedale da tre uomini. Un altro è stato ‘casualmente’ spinto nei Navigli. Un altro ancora, a Nettuno, picchiato e derubato.

Persone visibili a tutti ma sulle quali non ci sono dati. Lavoratori sfruttati sui quali nessuno in Italia ha mai indagato seriamente. E questa di al Jazeera è una delle prime inchieste.

Tornando a Mohammed racconta che il primo giorno i suoi padroni gli hanno dato 30 euro per andarsi a rifornire di rose da un determinato fioraio; fioraio in contatto con l’organizzazione cui riferiva i quantitativi consegnati a ognuno. Tornava a casa, in una stanza con altri cinque colleghi – diciamo, dopo aver finito tutti i fiori. Di solito non ci volevano meno di dodici ore. Per ogni vendita incassava da uno a cinque euro secondo la generosità degli acquirenti. Se, per esempio, in una notte buona guadagnava 120 euro, 60 li doveva al fioraio, 50 ai suoi padroni per vitto e alloggio e gli altri dieci li mettevi da parte. Situazione che lo portò ben presto a gravi forme di insonnia e attacchi di panico.

E dice anche, sempre Mohammed, che di giorno doveva lavorare gratuitamente nei classici negozietti dei bengalesi. Solo nel 2018, cinque anni dopo l’arrivo, riuscì a ottenere asilo come vittima di tratta di esseri umani.

Altri immigrati hanno parlato con i reporter della rete del Qatar i quali sono arrivati alla conclusione che se si parla così poco di loro, dei venditori di rose, è perché loro non si vivono come sfruttati, per loro si tratta, come dicevamo, di sacrifici necessari per un futuro migliore, e senza le denunce nulla emerge. Quando un bengalese descrive la propria situazione non si considera sfruttato ma attribuisce i suoi problemi all’alto costo della vita. Ma conclude il servizio, l’esperienza che si ottiene vendendo rose non aumenta le competenze professionali, non si impara l’italiano, non c’è nessun lavoro migliore in vista. Si rimane bloccati.

 

E un’altra interessante inchiesta su un’attività lavorativa tipicamente italiana, qui lo sfruttamento non c’entra, arriva dal Guardian ed è dedicata alle tonnare. Titolo: Una frenesia di corpi nella camera della morte: i pescatori italiani lottano per preservare un’antica tradizione”. Qui gli inviati del celebre quotidiano inglese sono andati a Carloforte, sull’Isola di San Pietro, in Sardegna.

Turismo ora con diverse notizie che ci riguardano. “Italia. Le navi da crociera della Norwegian non passeranno più da Venezia”. Lo scrive Euronews specificando che altre città dell’Adriatico sostituiranno  l’iconica città lagunare..

L’Italia è stata incoronata la meta turistica più amata della Gran Bretagna”. Questo lo scrive il bollettino di ITIJ, un’assicurazione inglese specializzata in viaggi, dopo il sondaggio periodico sulle preferenze dei turisti britannici.

E col turismo chiudiamo. Express, da Londra “La bellissima isola europea è calda a febbraio e dista poco più di tre ore di volo”. Essa, lei, l’isola meravigliosa è la Sicilia, luogo ideale per godersi il sole di febbraio, dove la primavera ormai è alle porte. Sicilia famosa oltre che per il sole invernale, per le spiagge, i maritozzi col gelato e la storia antica. Sicilia dove puoi scegliere fra città d’arte e mare. E non partire senza avere assaggiato un’arancina.

Non ci rimane che ascoltare la puntata odierna. Buon divertimento