
14 Mag MADONNA (LABORATORIO CARPI): DAI GIOVANI SCARSA FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI.
Armando Madonna è uno dei tanti carpigiani che dedicano la loro candidatura a una nuova attenzione per i giovani. Uomo di teatro è cresciuto negli scout.
Armando Madonna, 35 anni, è uno degli oltre duecento candidati che stanno correndo la “maratona elettorale” per il consiglio comunale di Carpi. Attore e regista teatrale di lungo corso, Madonna è candidato nella lista civica “Laboratorio Carpi” del medico Fabrizio Artioli, una delle sei a sostegno del sindaco uscente Bellelli. Qualche domanda per capire qualcosa in più di lui.
D – Un soggetto politico, è stato detto, che raccoglie persone del mondo del volontariato, della sanità, delle professioni, della cultura e tanti giovani per rilanciare un progetto di partecipazione politica. Lei in quale di queste tessere del mosaico politico si colloca?
R – La sanità è per me un universo inesplorato, a differenza degli altri ambiti citati. Cresciuto nell’AGESCI, faccio volontariato da quando ero piccolo e ancora oggi sono iscritto in diverse associazioni. Forse per l’aspetto, che mi dicono essere di una decina di anni in meno rispetto ai miei 35, sono visto dai ragazzi, anche molto più giovani, come un loro “pari” con maggiore esperienza. Da alcuni anni sto tenendo un “corso teatrale” nelle scuole superiori dove non mi limito al solo insegnamento del teatro, ma di come questo abbia una funzione importante e costante all’interno della vita, insomma, un esempio di come la cultura sia la base della nostra vita.
D – I medici in politica non sono mai mancati. Un esempio per tutti Ignazio Marino. E medico è anche il suo capolista, un primario ospedaliero. Come pensa che una persona impegnata ai livelli di un medico possa correre per una poltrona se non da sindaco almeno da assessore?
R – Fabrizio è un fenomeno nel suo lavoro. Chiunque ho incontrato in questo periodo aveva una reazione incredibile quando dicevo di essere in lista con lui. Gli sguardi si illuminavano e subito percepivi che la gente aveva un legame molto positivo con questa persona. Se sei tanto bravo nel tuo lavoro, sono dell’idea che questo debba essere messo al servizio di tutti. Per questo sarei molto felice di vedere attribuito ad Artioli un ruolo di responsabilità all’interno del settore sanità del comune.
D – Lei coordina i Giovani per Carpi. Che cosa si aspetta un giovane da un’amministrazione locale? Quale valore aggiunto a ciò che deve fare il governo nazionale?
R – De “I Giovani per Carpi” coordino solo determinati aspetti, legati per lo più appunto all’ambito teatrale. Quello che riscontro è che ai ragazzi non è stato dato sufficiente ascolto. Si creano diversi incontri per i giovani, si prova a dar loro una voce, ma ormai in molti hanno perso la fiducia nelle istituzioni. Quello di cui abbiamo bisogno è far sentire che l’amministrazione locale è presente. Leggevo l’intervista a Cardinazzi che parla di una “casa della cultura”.. Magari!!! Sarebbe una cosa meravigliosa. E’ per questo che adoro quel ragazzo, ha le idee chiarissime su cosa serve davvero e non ha paura a dire quello che pensa.
D – Un giovane non sempre riesce a vivere di ciò che gli piace. Lei oltre al teatro che cosa fa?
R – Fin da piccolo mi sono sentito un peso, dal punto di vista economico, per la mia famiglia. Per questo ho cercato presto l’indipendenza. Mentre preparavo la maturità, ad esempio, andavo tutti i giorni a Modena a lavorare al Grandemilia, a 20 anni sono andato a Roma per studiare all’ Accademia Internazionale di Teatro, e mentre studiavo lavoravo in call center, bar, pizzerie. Poi sono riuscito a entrare nel corpo direttivo dell’Accademia, a insegnare teatro e vivere di quello che mi piaceva. Il valore per me più importante da sempre è “la famiglia”. Ora lavoro in un istituto di vigilanza in pianta quasi stabile al Borgogioioso. Ma quella è solo uno dei “ruoli” della mia vita. Al momento sto scrivendo 3 spettacoli teatrali e ancora sono Community Manager Italiano di una casa di distribuzione di giochi con sede ad Ancona.
D – Lei è ora alle prese col teatro dialettale carpigiano. Fino a che punto ritiene che il lavoro sulla lingua, sugli idiomi locali, possa aiutare l’inclusione degli immigrati, da quelli interni del nostro sud agli stranieri?
R – Sono stato coinvolto in questo progetto all’improvviso. Mentre passeggiavo per il Borgo nel mio giro di controllo, mi è stato chiesto da un caro amico se avessi voluto prenderne parte. Io il dialetto non lo so assolutamente parlare, pensai. I miei sono Napoletani, e al massimo posso parlare un po’ quello. Ho vissuto a Roma 10 anni, posso parlare romano… Ma carpigiano, boh!! Incontrandomi con loro ho scoperto di non essere l’unico, ma come me anche altri ragazzi non avevano molta confidenza col dialetto. Questo mi ha fatto sentire subito parte del gruppo. Voglio dire che l’inclusione degli immigrati, che siano del nostro stesso paese, o stranieri, dipende molto dal come percepiscono gli altri. Se sento di non essere solo, ma avere una comunità, con delle regole da seguire ovviamente, che nel teatro sono tante, allora posso integrarmi con loro e sentirmi parte di un insieme.