20 Feb Riccardo Righi: un sindaco per Carpi
Carpi, la città delle mie radici, quella dei miei primi 40 anni, fra pochi mesi avrà un nuovo sindaco. Alberto Bellelli dopo due mandati è costretto a lasciare; e ho ragione di pensare che il testimone lo avrebbe passato comunque. E ancora una volta, forse ancor di più di quanto lo fu nel 2019, il lungo filo rosso che ha governato la città dal dopoguerra a oggi potrebbe spezzarsi.
Come nel Paese, molto è cambiato nel sentire comune anche in città. Le sfide sono diverse, e molto complesse, in un tessuto sociale in profonda trasformazione.
Le destre sono pronte per prendere possesso di Carpi? Contendenti credibili e maturi, pronti a scendere in campo ce ne sono? Certo la sinistra non getta la spugna e, al momento, sembra l’unica a tenere acceso un dibattito concreto sulle cose da fare. E per la successione a Bellelli sono già scesi in campo due contendenti, entrambi credibili e solidi nella loro profonda diversità, che si sfideranno alle primarie del 3 marzo prossimo: Giovanni Taurasi e Riccardo Righi.
Lasciai Carpi l’anno in cui Righi nacque e, anche se grazie ai social media oggi è come non me ne fossi mai allontanato, è lui che desidero conoscere e farvi conoscere per primo.
Nato a Modena, architetto, Riccardo Righi vive a Carpi, dove ha deciso di trasferirsi una decina di anni fa. Dal 2019 è in Giunta col sindaco Bellelli, assessore all’Urbanistica
Che cosa la portò a Carpi meno di dieci anni fa?
Sono stato fortunato, ho avuto la fortuna di viaggiare molto, di conoscere tanti luoghi e città. Poi come spesso accade nella vita, quasi per caso ho incrociato Carpi e ho capito che eravamo fatti l’uno per l’altra. Non solo per il fascino rinascimentale, che di sicuro mi ha affascinato, ma anche per la sua storia che guarda avanti, il suo desiderio di crescere con intelligenza. Mi sono sentito subito a mio agio nella sua comunità. Ecco, Carpi ricorda la mia famiglia: la voglia di stare insieme e di prendersi cura l’uno dell’altro. Ci vivo e ci lavoro; ora è casa mia.
Il Modenese ha sempre trattato Carpi con un pizzico di superiorità, come il cittadino guarda la provincia. Voi i tortellini, a Carpi i cappelletti. Per lei Carpi com’è?
Si capisco cosa vuole dire; sono nato a Modena, ma sinceramente non ho mai sentito questo spirito campanilistico in me o nella mia famiglia, né in amici e conoscenti. Per come sono stato abituato a guardare al mondo, credo che lo spirito di appartenenza, chiamiamolo così, sia un valore quando ti consente di vivere serenamente il nuovo, il diverso; anche se questo nuovo e diverso è nel modo di chiudere o farcire la pasta ripiena. Noi in Emilia lo sappiamo bene. Altrimenti ogni confine è un limite. Certo poi anche le battute di campanile fanno parte della nostra cultura, un po’ di sale non guasta. Ma se parliamo di cose serie, il terremoto ce lo ha tristemente ricordato, ci rimbocchiamo le maniche. Sarebbe bello che questo spirito fosse vivo sempre e sempre si perseguissero obiettivi comuni per un territorio ricco e vasto.
E come è Carpi vista con gli occhi dell’architetto?
Un gioiello di città, tra le città rinascimentali più belle di Italia, delle giuste dimensioni che permettono uno stile di vita sano e una socialità viva: a piedi o in bicicletta può essere percorsa in breve tempo da parte a parte. Le porte urbane sono ben localizzate. La stazione ferroviaria a 500m dal centro storico e il casello autostradale, baricentro tra zone industriali e residenziali, permettono un filtro in ingresso e una corretta distribuzione delle funzioni. È una città molto verde, in cui felici scelte urbanistiche del passato hanno puntato a molti piccoli parchi di quartiere anziché grandi parchi più difficilmente raggiungibili. Città e campagna sono in armonia, sono presenti oasi naturalistiche, reticoli di canali e fiumi che scandiscono il paesaggio. Una città a misura d’uomo, si sarebbe detto un tempo, a misura di bambino preferisco dire io.
Come fu il suo ingresso in Giunta? Ricordo che cinque anni fa Bellelli la portò in squadra come il “valore aggiunto”, il professionista tra tanti politici. Come sono stati questi cinque anni e come è stata la convivenza con la politica. Nel senso: mettere su strada le convinzioni maturate nel corso degli studi è stato complicato?
Una sorpresa, un onore. Da tempo lavoravo a Carpi come architetto, e mi impegnavo nel dibattito sulla città, quando Alberto (Bellelli) mi chiese di aiutarlo nelle grandi sfide di innovazione e nuova pianificazione; accettai con orgoglio e grande energia. La mia professione mi ha aiutato molto a comprendere la materia amministrata; mi ha permesso di essere in sintonia con gli uffici e dare, credo, il giusto valore alle iniziative private che volevano seriamente concorrere al beneficio per la comunità.
E poi da tecnico, ho dato tutto me stesso nella stesura del nuovo piano urbanistico che nasce da una armonica idea di città. Amministrare il bene pubblico richiede tempo, dedizione e studio; la politica pretende sensibilità, ascolto e sintesi. Insomma per tenere in equilibrio progetti e concretezza, potremmo dire in linguaggio sportivo, bisogna avere un buon bagaglio tecnico, essere allenati e arrivare preparati ad ogni appuntamento: la differenza tra convinzioni teoriche e la pratica dell’amministrare, tra guardare lo sport in tv e avere la responsabilità del risultato.
Che cosa rivendica dei suoi cinque anni in giunta? Quale la cosa venuta meglio e che cosa non rifarebbe se potesse riavvolgere il nastro?
Sono stati cinque anni molto intensi; il Covid ha praticamente congelato per due anni la realizzazione degli obbiettivi di mandato e subito dopo l’arrivo del PNRR ha rimescolato tanti progetti; il nostro obbiettivo era di intercettare quante più risorse per il nostro territorio. Il progetto che sento particolarmente mio è stato il piano di riqualificazione dei luoghi della ferrovia e dell’apertura della città a est. Parlo del sottopasso della stazione, della realizzazione dell’università a 500m da Piazza Martiri, del nuovo parco dell’Oltreferrovia in via di realizzazione che vedrà oltre 100.000mq di area verde pubblica e più di mille alberi tra città e campagna. Presto si aggiungerà il rifacimento del piazzale della stazione e il nuovo memoriale della stazione che si aggiunge ai luoghi della memoria di Carpi. Altri ma non meno importanti: Il nuovo centro di ricerca sull’economia circolare e il cambiamento climatico, il Parco della Cappuccina, la piattaforma Smart City per il monitoraggio del microclima urbano e il nuovo Piano UrbanisticoGenerale. Se potessi riavvolgere il nastro e affrontare le cose con il Riccardo di oggi probabilmente non cambierei nulla sulla scelte, ma saprei certamente affrontare le lungaggini, gli impedimenti burocratici con maggior efficacia. Si impara con l’esperienza.
Cinque anni da amministratore la hanno in un qualche modo avvicinata alla politica?
Più di quanto non potessi immaginare, tanto da sentirmi di dare tutto me stesso per questa comunità: questo fa un sindaco. Ammetto che prima di questa esperienza ho attraversato come tanti un periodo di sfiducia nella politica, stanco di tante promesse e pochi risultati e però con tanti amici e amiche, compagni di vita, ho ritrovato il senso stesso del fare politica e ora sono qui. Con loro mi sono ritrovato in una politica generosa, costruita insieme da persone di cuore e competenza, che guarda avanti, che cerca quello che è giusto per la comunità che serve.
Lei oggi partecipa alle primarie del PD ma, mi corregga se sbaglio, lei non è tesserato… Nemmeno una Schlein l’ha convinta a sporcarsi le mani?
La politica è comunità, ed io mi sento parte della comunità politica che abbraccia i valori del centrosinistra, della libertà, della democrazia, del progresso giusto. Mi sento parte di quel Noi che guarda alle persone, che non lascia indietro nessuno, che difende uguaglianza e pari diritti. Faccio politica da tanti anni ormai e no, capisco la battuta, ma no, non ci si sporca mai le mani nel fare scelte di cuore. Non ho una tessera di partito, ma questo interessa pochissimo pochissime persone.
Riguardo la scelta fra lei e Taurasi. Un’amica di Carpi mi ha detto: uno è istituzionalmente preparato, l’altro ha la forza e la freschezza della gioventù. Ci si riconosce?
Simpatica questa distinzione, ma semplice, troppo semplice e quindi sbagliata. Parlo di me, naturalmente: certo che sono giovane, certo credo di avere le energie, l’ottimismo, la passione e l’entusiasmo per affrontare sfide che toccano una intera comunità e che, l’ho già vissuto da assessore, ti impegnano molto. E’ altrettanto vero che il mio percorso non è consueto: non vengo da percorsi di partito, da logiche di appartenenza che pure rispetto moltissimo; semplicemente la vita mi ha portato al bene pubblico da altre vie. La politica per me è confronto e buon amministrare, è partecipazione e sintesi. La mia scuola sono state le persone e il lavoro. Si capisce subito che non ho fatto un percorso dentro un partito perché non parlo politichese e di mio preferisco rivolgermi alla testa delle persone piuttosto che alla pancia.
Le istituzioni? Il rispetto che si deve a queste mi è stato insegnato dalla mia famiglia e da persone di grande qualità che le rappresentano.
Le sue uscite in piazza, a tu per tu con i Carpigiani, senza filtri, con tanti selfie sono state molto apprezzate. Anche da me che le ho seguite solo in foto. Ma tutto questo come potrà tradursi nella quotidianità dell’amministratore se sarà scelto sindaco?
Io adoro il confronto e il costante dialogo, non mi aspetto nulla di diverso nell’essere sindaco esattamente come ho sempre fatto in questi anni pandemia permettendo. Un sindaco deve prima di tutto essere tra le persone, per ascoltarle, aiutarle nei piccoli e grandi problemi, esserci per accompagnarle a realizzare i propri sogni. Serve il pragmatismo di chi è abituato a progettare con la responsabilità del risultato, ma anche la sensibilità e la disponibilità ad ascoltare e mediare.
In caso perdesse le primarie che cosa pensa di fare? Non tutti sono dei Bonaccini pronti a collaborare con chi ti ha sconfitto.
L’ho detto fin da subito, il mio impegno verso la politica in cui credo, verso questa comunità, a prescindere da quale ruolo la città sceglierà per me, andrà ben oltre il 3 marzo e il 9 di giugno. In tutti i casi non credo ci saranno vinti o sconfitti all’esito di queste primarie, ma solo più idee a servizio della nostra città.
Di che cosa ha bisogno Carpi nei prossimi cinque anni?
Carpi ha bisogno di colore, di ritrovare fiducia in se stessa. Per questo credo importante mettere al centro la cultura, non solo quella dei musei o dei festival, ma quella propria della nostra comunità. La cultura dello stare insieme, del senso civico, dello sport, dell’inclusione, del rispetto. Costruiremo una città ricca di opportunità e slancio verso il futuro, che accompagna sviluppo e progresso. Una Carpi protagonista, solidale. Una Carpi curata con l’attenzione alla qualità dello spazio pubblico, del verde, degli spazi di socialità. Una Carpi vicina alla persone. Ecco così immagino la Carpi di domani.