10 Ott Tajani si intesta la battaglia per lo Ius Scholae
La battaglia di Tajani per correggere l’ormai anacronistico diritto alla cittadinanza italiana, benché una battaglia in solitaria appare una cosa seria, che va oltre le conversazioni da spiaggia di un’estate ormai archiviata.
Il nostro Ministro degli Esteri, oltre che vice premier, ne ha parlato ripetutamente durante questa settimana a spasso per l’America Latina e lo ha ripetuto in una bella intervista al quotidiano brasiliano O Tempo.
Un’intervista che ha anticipato il suo arrivo di martedì a San Paolo e che il quotidiano brasiliano ha intitolato “Il vice primo ministro italiano difende il cambiamento della cittadinanza italiana e spiega chi potrebbe ottenerla”
Leader di Forza Italia, partito che con l’appoggio degli eredi Berlusconi sta marcando la distanza dall’egemonia di Fratelli d’Italia nella alleanza di governo, Tajani difende la modifica di una legge, l’attuale del 1992, che limita fortemente il diritto al passaporto italiano ai figli di immigrati stranieri nati, cresciuti e “studiati” nel nostro Paese. “Dobbiamo fare in modo – ha detto – che le regole si adattino a un contesto nuovo, profondamente diverso da quello di 30 anni fa”
Ferma restando la validità dello “ius sanguinis” previsto dalla nostra legislazione, e che è il diritto alla cittadinanza dei figli, nipoti e pronipoti di emigrati italiani anche se nati e cresciuti all’estero, è necessario – ha detto ancora Tajani – che il concetto di cittadinanza sia fondato sull’appartenenza a una comunità, con tutti i diritti e i doveri. E ciò implica la condivisione di valori comuni tra i quali oltre la cultura anche la lingua.
Ed ecco, tornando al vice premier, che su questi temi è completamente da solo all’interno della sua maggioranza, ecco che arriva lo Ius Scholae, che Tajani preferisce chiamare Ius Italiae, ovvero la cittadinanza a chi nasce e studia qui per almeno dieci anni. E magari, contestualmente, ridurre di un paio di generazioni il diritto ai discendenti che in Italia non hanno nemmeno mai messo piede. Il nostro Paese non solo è pronto al cambiamento ma è in realtà già cambiato.
Concludiamo velocemente la Tajaneide con un altro giornale brasiliano, Metrópoles, che titola “L’Italia vuole una partnership con il Brasile sul cambiamento climatico.”
E qui è dove il nostro, parlando agli industriali di San Paolo, dice che il nostro governo non è contrario alle misure e alle leggi per contrastare il cambiamento climatico, purché esse non penalizzino il progresso industriale.
Ora il breve sommario delle altre notizie commentate in questo numero di ristretto Italiano.
Parlavamo di diritti – diritto alla cittadinanza – e rimaniamo in tema con Financial Times che si occupa delle frontiere della procreazione in Italia. Titolo “Le donne single italiane lottano per il diritto alla fecondazione in vitro”.
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“Lavoratori della pelle aggrediti in Italia per chiedere migliori condizioni di lavoro”. Qui è Reuters a portare, fuori dai confini nazionali, il clima di tensione che si respira a Prato, città dove si trova la maggiore concentrazione di aziende gestite da cinesi in Europa, ditte che producono abiti e borse con il prestigioso marchio Made in Italy per gruppi della moda e del lusso.
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Da Londra il Guardian riferisce che in Danimarca c’è “Una famiglia che chiede di potere restituire degli oggetti etruschi che il padre acquistò 50 anni fa da un tombarolo”
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Infine lo scambio di frecciatine Gualtieri-Macron. Gualtieri nel senso di Roberto, sindaco di Roma. Tutto nasce, come riferisce Hollywood Reporter, dalla serie “Emily in Paris” che Netflix avrebbe deciso di trasferire “In Rome” per la quinta stagione.
Buon ascolto, come sempre. L’appuntamento per il prossimo podcast è a lunedì prossimo